Su un pianeta remoto e arido, affettuosamente chiamato Eden, i coloni George (Yosuke Kubozuka) e Romi (Rie Miyazawa) interpretano il ruolo di Adamo ed Eva. Hanno un lungo percorso davanti a loro se vogliono terraformare il pianeta e renderlo realmente abitabile per l’umanità. Per ora, sono costretti a vivere a bordo di una nave allestita come un set cinematografico, consumando i loro miseri pasti in un angolo che ricorda i diner lungo le strade della Terra perduta.
Il creatore di manga Osamu Tezuka è maggiormente ricordato per Astro Boy e celebrato per il suo Metropolis, ma la sua vera opera rappresentativa è la vasta e incompiuta saga di Phoenix. Completata in dodici volumi prima della sua morte, presenta una serie di racconti individuali, uniti dalla consapevolezza che molti dei personaggi mostrati sono antenati, reincarnazioni o influenze involontarie di altri personaggi in storie diverse. In questo modo, la saga si avvicina a opere come Cloud Atlas di David Mitchell, che riunisce storie separate che insieme formano un quadro più complesso. Ogni racconto di Phoenix può essere letto come un’opera autonoma, ma l’intero ciclo rivela nuove connessioni e comprensioni.
Tezuka avrebbe potuto limitarsi a raccontare storie ambientate in epoche storiche, con personaggi che si muovono tra le leggende del Giappone e le guerre medievali dei samurai. Tuttavia, ha spostato diversi capitoli nel futuro, arricchendo il suo lavoro epico con riflessioni sulle connessioni karmiche dell’umanità e sulle potenziali distorsioni etiche buddiste in un futuro dominato da intelligenze artificiali, colonizzazione di altri mondi e l’idea di immortalità, che minacciava di rompere il ciclo di morte e rinascita.
Il manga di questa particolare storia, “Nostalgia”, è stato pubblicato per la prima volta nel 1971, quando Tezuka si trovava nel bel mezzo di dispute legali e problemi finanziari legati al suo studio di animazione, Mushi Production. La trama presenta camei di personaggi già visti in episodi futuri di Phoenix, come Makimura (interpretato qui da Shintaro Asanuma), visto mentre si sfida per l’affetto di un’astronauta in “Universe” (1969), l’androide Chihiro (Saki Kobari), che diventa l’interesse amoroso di un protagonista in “Resurrection” (1970), e gli alieni mutaforma Moopie, apparsi per la prima volta in “Future” (1967). La produzione anime continua nello stile di Tezuka, includendo anche camei dietro le quinte, non solo attori di spicco come Kubozuka e Miyazawa nei ruoli principali, ma anche partecipazioni minori, come il tribunale militare doppiato dai membri della troupe comica City Boys.
Gli sceneggiatori Katsunari Mano e Saki Konohana reinterpretano abilmente la trama originale di Tezuka in una narrazione di colonizzazione spaziale simile a Raised by Wolves. Non sono i primi coloni su Eden, e mentre si sforzano di coltivare e trovare acqua, scopriamo insieme a loro il triste destino dei loro predecessori. La storia avanza velocemente, con segnali evidenti che indicano il passare di settimane, se non mesi, tra una scena e l’altra. Con l’ingresso nel secondo atto, i salti narrativi diventano ancora più evidenti. Un tema ricorrente è il fallimento delle ambizioni umane, poiché i protagonisti si trovano di fronte a ostacoli che distruggono le loro speranze. George e Romi desiderano una vita facile nella loro nuova casa; il loro figlio Cain (Ryohei Kimura) spera di tornare presto sulla Terra.
Il regista Shojiro Nishimi, ex animatore principale di Mind Game e Tekkonkinkreet, sviluppa i temi originali inquadrando il cast umano come semplici punti nella parte inferiore dello schermo, schiacciati dallo spazio e dal tempo che li hanno preceduti e che continueranno a esistere dopo di loro. Un anno passa nei primi dieci minuti del film, e la storia procede a ritmo serrato – le piccole cose della vita umana vengono trascurate, mentre il racconto si espande sempre di più. A volte, questo approccio può risultare controproducente: sebbene non sembri strano che Eden subisca un terremoto ogni otto o nove anni, la compressione della trama porta a due disastri cruciali in pochi minuti. Allo stesso modo, alcune decisioni e azioni dei personaggi, slegate dagli anni di tormento e sofferenza che potrebbero influenzarle, possono apparire un po’ folli. Ma questo fa parte della visione del mondo dal profondo punto di vista del phoenix, con i drammi della vita umana ridotti a dimensioni irrisorie nel grande schema delle cose. Ciò che rimane, come sottolineato dal tema finale in inglese cantato dal coro maschile Libera, sono “i legami che uniscono”. Il tema ricorrente dell’insignificanza umana di fronte all’immensità del tempo e dello spazio viene presentato in uno stile simile a quello del film festival Children of the Sea, con cui Phoenix condivide un designer di personaggi e un direttore artistico.
Phoenix è stato adattato per il grande schermo in diverse occasioni e in questo caso la storia di “Nostalgia” appare due volte nello stesso anno: una volta in questo film dello Studio 4°C e anche in versione seriale su Disney Plus, intitolata Eden17. Il finale della versione cinematografica è molto diverso da quello visto in televisione.