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L’evocatore tra le ombre: un protagonista in cerca di identità

L’evocatore, colui che si cela dietro i combattenti, che si affida al mana o ai punti magici del momento. Cosa accade quando decide di mettersi in mostra? Non bisogna mai sottovalutare chi maneggia un bastone da passeggio, mai.

Uscire dalla propria zona di comfort porta a riflessioni interessanti. Personalmente, non mi sento a mio agio con gli action frenetici; sono un po’ l’antitesi di questo tipo di giochi. Anche se apprezzo coreografie di combattimento spettacolari, preferisco che rimangano verosimili. Magia e poteri psichici? Sì, va bene. Schivare qualche proiettile? Accettabile. Ma quando si tratta di personaggi come Raiden, che esagerano oltre il limite, perdo il conto di ciò che è plausibile. Se la forza di gravità diventa un’opinione e i protagonisti possono incassare colpi per ore senza sentirne le conseguenze, la mia immersione svanisce. In questo modo, non mi sento più coinvolto.

La classe dell’evocatore non ha ricevuto la stessa attenzione di guerrieri e ladri. Tuttavia, un gioco d’azione frenetica mi ha svelato qualcosa di inaspettato: parlo di Devil May Cry 5 e del suo nuovo personaggio, V. Non è un combattente armato di spada, ma un evocatore. Un potere tanto “opprimente” che, secondo la logica di cui sopra, dovrebbe allontanarmi, visto il mio amore per la vulnerabilità e la fragilità nei giochi. Eppure, ho trovato in V una connessione che non avevo mai sperimentato con altri personaggi della serie. Questo mi ha fatto riflettere su come l’evocatore, come classe, abbia sempre avuto meno importanza rispetto a ladri, guerrieri e maghi. Raramente è stato il protagonista.

Final Fantasy X esplora le implicazioni politiche e spirituali del contatto tra umani e creature potenti, presentando l’evocatore come una figura fragile da tenere in retroguardia, mentre consuma mana come se fosse acqua, per evocare bestie e infliggere danni. Diverse varianti di questo concetto si trovano nella serie. Nel quindicesimo capitolo, le entità sono così potenti da non seguire sempre la volontà del protagonista, mentre negli altri capitoli, come l’ottavo, il nono e il decimo, giocano un ruolo fondamentale nella trama. In FFX, per la prima volta, abbiamo il controllo diretto di queste creature, sempre all’interno del classico sistema a turni.

Cosa accade quando un’opera si concentra sull’evocatore e gli assegna un ruolo da protagonista? Questa rappresentazione ha funzionato per anni, come dimostra The Thaumaturge, una detective story oscura ambientata nella Varsavia del diciannovesimo secolo, dove il protagonista si avvale di alleati, vivi, morti o di mezzo. Ma cosa succede quando un gioco cerca di farci sentire la vulnerabilità di un personaggio che preferisce non affrontare direttamente le minacce, delegando il compito a qualcun altro? Alcuni giochi di ruolo isometrici, come Baldur’s Gate: Dark Alliance 2, cercano di esplorare questa idea, anche se manca un certo grado di “fisicità” del personaggio. Tuttavia, ci sono opere che si sono distinte nel tentativo di dare maggiore intensità a queste dinamiche.

Chaos Legion: tra strategia e azione

Rimanendo in casa Capcom, durante la generazione PS2, un titolo tentò di ritagliarsi uno spazio, purtroppo senza successo. Chaos Legion si basava su un albero delle abilità focalizzato sull’incremento del numero e della qualità di guerrieri astrali che ci aiutavano in battaglia. Il gioco richiedeva di scegliere attentamente la squadra in base ai nemici da affrontare.

Un esercito di insetti avrebbe richiesto spadaccini in formazione circolare, mentre nemici armati avrebbero richiesto balestre per un colpo preciso. La combinazione di diversi avversari richiedeva una gestione attenta delle legioni, attive o passive, per affrontare gli attacchi. Tuttavia, Chaos Legion venne criticato per la sua apparente passività nel combattimento. Ma è davvero questo il problema?

La critica più comune riguardava la superficialità del sistema di combattimento, al punto che in alcuni frangenti si poteva semplicemente appoggiare il controller e attendere. Comprensibile, ma non era questo il punto del personaggio? Meno azione frenetica da parte del giocatore significava una migliore esperienza. Interpretavamo il generale, non la cavalleria.

Folklore: catturiamo i nostri alleati

Uno dei pochi giochi che ha saputo sfruttare appieno il giroscopio del controller della PS3 è Folklore, sviluppato da Game Republic. La trama ruota attorno a una lettera misteriosa inviata da un mittente impossibile, che spinge i protagonisti a esplorare un villaggio che funge da portale per un’altra dimensione, abitata da creature bizzarre.

Le creature possono essere catturate e utilizzate come alleate, costruendo le abilità offensive e difensive dei personaggi. Folklore introduce un sistema di cattura unico, in cui i giocatori devono utilizzare movimenti specifici per assorbire gli spiriti delle creature, sfruttando il giroscopio del controller. Questo approccio rende il gioco unico, ma purtroppo la sua dipendenza dal controller lo rende difficile da proporre su PC.

Devil May Cry V: un approccio diverso

Finora abbiamo parlato di personaggi “fighi” e sempre pronti all’azione. V, tuttavia, si distingue. Sebbene mantenga un aspetto cool, il suo gameplay è diverso. V non combatte direttamente, ma affida ai suoi familiari il compito di affrontare gli avversari. Questa delega non offre un controllo totale sulle azioni dei familiari, che possono muoversi liberamente, a volte persino ignorando gli ordini.

V è un personaggio che non eccelle nei test atletici tipici della serie. La sua fragilità è evidente; ha bisogno dei suoi alleati per sopravvivere e costruire una simbiosi con loro, nonostante le differenze. Questo approccio, sebbene presente in Devil May Cry V, potrebbe essere sviluppato ulteriormente in future produzioni, esplorando la relazione tra evocatore e creature in modi innovativi e significativi.

C’è un potenziale inespresso qui, una direzione che potrebbe portare a nuove esperienze di gioco, lontane dall’azione frenetica e più vicine a una narrativa profonda e coinvolgente. Qualcosa che merita di essere esplorato.